COLLODI…. CHI ERA COSTUI?

Collodi è in realtà lo pseudonimo, cioè il nome falso, utilizzato dallo scrittore Carlo Lorenzini che lo aveva inventato in onore del paese di Collodi di cui era originaria la madre.
Collodi nasce a Firenze nel 1826 e riceve un'ottima educazione presso il seminario di Colle Val d'Elsa; appena terminati gli studi, viene assunto nella famosissima libreria Piatti prima come semplice commesso, poi come redattore curando, correggendo e revisionando i testi di altri scrittori prima della pubblicazione.
Collodi, però, è stato un ragazzo quando l'Italia era percorsa da fermenti e idee patriottiche che portarono all'Unità d'Italia nel 1861 (di cui ricorre proprio quest'anno il 150° anniversario) e così il nostro Lorenzini abbandona il lavoro e, all'età di 22 anni, si arruola nel battaglione dei volontari toscani per cacciare gli austriaci dal nord Italia e viene a combattere proprio vicino a Mantova nella battaglia di Curtatone e Montanara.
Tornato a Firenze, Collodi si occupa di attività diverse: è giornalista e romanziere, riceve un incarico presso la Commissione di Censura Teatrale e viene nominato segretario presso la Prefettura; ma ciò che è più importante è che nel 1875 viene incaricato dall'editore Paggi di tradurre in italiano le fiabe dello scrittore francese Perrault, colui che in Francia fece ciò che anche i fratelli Grimm o Christian Andersen avevano fatto in altri paesi: scrisse, o meglio trascrisse, numerose fiabe popolari.
Dopo il successo del volume, Collodi diventa l'autore di punta dell'editore Paggi e realizza una nutrita serie di testi scolastici: Giannettino, La lanterna magica di Giannettino, Il viaggio di Giannettino per l'Italia e poi, nel 1883, pubblica il suo romanzo più importante: Le avventure di Pinocchio.
IL LIBRO…. LE AVVENTURE DI PINOCCHIO
Il famosissimo romanzo di Collodi ha avuto una genesi, cioè un'origine, piuttosto travagliata: tra il 7 luglio e il 27 ottobre del 1881 la vicenda di Pinocchio era apparsa a puntate sul “Giornale per i bambini” con il nome Storia di un burattino. Collodi aveva previsto di terminare la vicenda con l'impiccagione del protagonista alla Quercia Grande ad opera del Gatto e della Volpe (cap. XV), ma i lettori mandarono numerosissime lettere al giornale per richiedere il ritorno di Pinocchio ed è così che, tra il 26 febbraio del 1882 e il 25 gennaio del 1883, videro la luce i capitoli successivi con il titolo Avventure di Pinocchio.
Tutti gli episodi apparsi sul “Giornale per i bambini” vennero poi raccolti in un unico volume pubblicato dall'editore Paggi nel 1883 col titolo Le avventure di Pinocchio.
Oggi nel romanzo tuttavia si possono ancora individuare le tracce dell'originaria struttura a puntate. Rimangono, ad esempio, le digressioni: momenti in cui il burattino racconta ad un interlocutore tutte le avventure vissute fino ad allora, facendo una sorta di “riassunto delle puntate precedenti”; questo espediente era necessario perchè gli episodi potevano uscire anche a diverse settimane di distanza ed, inoltre, era utile ad informare eventuali nuovi lettori di ciò che era già accaduto allo sfortunato burattino.
Nel romanzo, infine, si può riscontrare una netta differenza tra i primi quindici capitoli, pubblicati nell'81, e quelli successivi: in questi ultimi aumenta in modo significativo il carattere fantastico del racconto grazie alla comparsa di episodi irreali e di personaggi fiabeschi: primo fra tutti quello della Fata turichina. Nel contempo, però, in questa seconda parte cresce in Pinocchio la volontà di diventare un ragazzo vero, idea che inizialmente non lo aveva nemmeno sfiorato. L'autore ha così dato vita ad un vero e proprio romanzo di formazione in cui il protagonista, attraverso dolorose esperienze, da adolescente si trasforma in adulto, sottolienando la dimensione pedagogica del libro in cui ogni avventura è in realtà occasione per impartire insegnamenti morali e sociali… insomma, l'autore inserisce la cosiddetta morale.
Le avventure di Pinocchio ebbero uno strepitoso successo e ne vennero realizzate fin da subito innumerevoli edizioni illustrate (guarda le immagini!!!). Moltissimi critici letterari italiani e straneri riconobbero questo libro come un capolavoro della letteratura (non solo per ragazzi) e vennero messe a punto traduzioni in tantissime lingue, ad oggi pare se ne possano contare almeno 240…. e allora perché non leggerlo!?!
I FILM
Dato lo strepitoso successo del romanzo, ovviamente non tardarono gli adattamenti cinematografici. Sul grande schermo il primo lavoro dedicato al burattino è stato un film muto del 1911 diretto da Giulio Antamoro e interpretato dal comico circense francese Ferdinand Guillaume. Dopo un film a disegni animati rimasto incompiuto, c'è Le avventure di Pinocchio del 1947 diretto da Giannetto Guardone che tra gli sceneggiatori conta la presenza di Paolo Lorenzini, nipote di Collodi. Si arriva quindi al 1940 con il Pinocchio prodotto da Walt Disney; oltre vent'anni dopo, nel 1966, si conta la produzione britannica di The adventures of Pinocchio di Steve Burron in cui si ha l'introduzione di effetti speciali digitali. Ma forse il Pinocchio più riusciuto è quello del 1972 diretto da Luigi Comencini uscito in cinque puntate per la televisione. I successivi adattamenti sono di molto più tardi: quello di Benigni del 2002 e quello di animazione di Daniel Robichaud del 2004 P3K: Pinocchio 3000, quest'ultima è una versione super-tecnologica in 3d con Geppetto inventore, Pinocchio robot che prova emozioni e la fatina ologramma.
Molti infine sono i film che costituiscono libere interpretazioni del romanzo, da cui hanno tratto suggestioni, tra i più famosi si possono citare Edward mani di forbice di Tim Burton con Johnny Deep del 1990 e A.I. Intelligenza Artificiale di Steven Spilberg del 2001. Nel primo un vecchio scienziato muore poco prima di aver completato le mani della sua creatura tecnoumana dotata solo di un paio di forbici, elemento 'diverso' ed estrsaneo che rende assai difficile l'integrazione di Edward nella società. Nel secondo film, invece, la ditta Cybertronics realizza David un bambino artificiale programmato per amare senza condizioni e lo affida ai coniugi Swinton; una volta tornato il figlio naturale, però, la coppia abbandona David che dovrà affrontare numerose prove.
Veniamo ora ai lungometraggi che abbiamo analizzato in classe:
PINOCCHIO, 1940, animazione, regia di Hamilton Luske e Ben Sharpsteen, produzione Walt Disney
La Walt Disney produsse questo lungometraggio subito dopo il grande successo di Biancaneve e i sette nani e prima di Dumbo; questo è certamente uno dei film più costosi degli anni '40 ed anche uno dei più innovativi dal punto di vista tecnico grazie all'introduzione della multiplane camera: sovrapposizione di molteplici trasparenti che rendono il movimento della macchina da presa soprattutto nella resa dei paesaggi. Il film vinse ben due Oscar per la colonna sonora e la canzone “When you wish upon the star”.
In questo film il romanzo viene adattato ai gusti americani e, fondamentalmente, stravolto. Non solo il soggetto, cioè la storia vera e propria, subisce notevoli tagli e stravolgimenti, ma anche lo stesso personaggio di Pinocchio perde completamente l'aspetto di un ragazzino monello e turbolento, ma consapevole, in favore di una stucchevole ingenuità che porta il burattino a subire passivamente le avventure senza mai compiere scelte in prima persona. Infine non bisogna dimenticare l'introduzione di figure di contorno completamente inventate come il pesciolino Cleo e il gattino Figaro.
PINOCCHIO, 1972, colori, film a puntate per la televisione, regia di Luigi Comencini
Il film, scritto insieme alla famosissima sceneggiatrice Suso Cecchi D'Amico, costituisce la versione cinematografica più fedele al testo di Collodi grazie anche alle interpretazioni particolarmente riuscite dei protagonisti: il Geppetto di Nino Manfredi, il Gatto e la Volpe di Franco Franchi e Ciccio Ingrassia e la Fata Turchina di Gina Lollobrigida. Il personaggio di Pinocchio viene interpretato in alcune scene da un vero burattino e per la maggior parte del film dal piccolo Andrea Balestri; era infatti impensabile, non solo dal punto di vista tecnico, costruire tutto il film su di una marionetta.
Il burattino venne realizzato dalla ditta “Latina Sud”, specializzata in apparecchiature areonautiche di precisione. Esso veniva comandato a distanza da quattro animatori che ne provocavano i movimenti attraverso un sistema di leve e fili direttamente collegati ai meccanismi interni del burattino. La maggiore difficoltà incontrata, avendo preso come modello l'esile Pinocchio delle illustrazioni Chiostri, è stata la parte dei meccanismi miniaturizzati da inserire negli arti di dimensioni estremamente ridotte. La sola parte meccanica ha richiesto sei mesi di studio e progetti ed il costo del burattino ha superato i cento mila euro di oggi.
Comencini apparteneva alla scuola del Neorealismo: la più famosa corrente cinematografica italiana sviluppatasi a partire dagli anni '40, caratterizzata da trame ambientate in contesti poveri, tra le classi sociali disagiate, che utilizza spesso attori non professionisti. Questa formazione del regista è evidente fin da subito: si percepisce immediatamente l'estrema povertà del contesto in cui vive Geppetto e le scene ci paiono in qualche modo più “vere” rispetto a quelle fiabesche di Disney o Benigni; senza contare il fatto che il protagonista è interpretato dal bambino Andrea Balestri, ovviamente un attore non professionista.
Nel film, Pinocchio diventa un eroe della libertà, aperto a ogni richiamo dell'avventura e della fantasia contro i pregiudizi dei moralisti e dell'ordine imposto, un vero e proprio studio dell'espressività dell'infanzia; diceva lo stesso Comencini: “Non ho mai considerato il libro di Collodi una fiaba: Cappuccetto Rosso è una fiaba. Pinocchio è un racconto contadino e lo studio di un carattere con tutti gli aspetti universali e tipici dell'infanzia”.
PINOCCHIO, 2002, film a colori, regia di Roberto Benigni
Questo è il film più costoso della storia del cinema italiano: 45milioni di euro per finanziare 28 settimane di riprese, 8 mesi di preproduzione e 8 di postproduzione.
A parte la mirabolante corsa iniziale del tronco di legno e altri pochi passaggi, il lungometraggio, interpretato dallo stesso regista, è stato molto criticato per le omissioni (cioè il salto di passaggi) rispetto al romanzo, per la modesta interpretazione di Nicoletta Braschi come Fata Turchina e, non ultimo, per l'ingente somma di denaro richiesta per la sua realizzazione.
Benigni ha insistito soprattutto sull'aspetto fiabesco del romanzo grazie anche all'ausilio degli effetti speciali; egli ha creato scenografie mirabolanti ed estremamente fantasiose ed ha ambientato il racconto in un paesello contadino fiabesco, edulcorato, molto lontano dalla squallida verità del borgo di Comencini. Anche alcuni personaggi subiscono un po' lo stesso trattamento rispetto alla crudezza del romanzo.
IL TEATRO
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Ovviamente Le avventure di Pinocchio è un romanzo, non un copione cinematografico (sceneggiatura), né un testo teatrale (drammaturgia); per questo in tutti e due i casi si parla di adattamenti, cioè scritture elaborate propriamente per il cinema o il teatro partendo dal libro. Se nel cinema abbiamo assistito spesso a stravolgimenti del testo di Pinocchio, nelle rappresentazioni teatrali bisogna sottolineare, invece, la stretta aderenza al romanzo, tanto che le battute recitate dagli attori sono gli stessi dialoghi scritti da Collodi.
I brani che abbiamo ascoltato in classe sono tratti dall'adattamento teatrale più famoso in Italia: il Pinocchio di Carmelo Bene.
Carmelo Bene è stato un grande artista che ha operato in teatro dagli anni Sessanta fino alla sua morte, avvenuta nel 2002; egli è stato attore, regista, drammaturgo ed ha dato prova di notevoli capacità anche in campo cinematografico. La sua figura, tuttavia, è molto famosa anche per i numerosi scandali che ha suscitato sia con le sue opere, che con la sua condotta di vita.
Il regista si occupò a lungo del testo di Collodi e lo spettacolo Pinocchio ebbe diversi allestimenti: un primo nel 1961, uno più riuscito nel 1966, una lettura radiofonica e un progetto cinematografico però mai realizzato nei primi anni '70, la versione definitiva dello spettacolo nel 1981 ed infine un nuovo allestimento nel 1998.
Nello spettacolo di Carmelo Bene, la scenografia (cioè l'allestimento della scena con vari oggetti) è spoglia e buia e rappresenta una stanza dei giochi in cui agiscono degli attori come semplici mimi (cioè attori che si esprimono solo attraverso la gestualità) mentre lo stesso Bene dà voce a tutti i personaggi maschili del racconto, così come l'attrice Lydia Mancinelli interpreta tutti i personaggi femminili. Secondo Carmelo Bene, infatti, l'elemento cardine del teatro è la voce: uno strumento che permette di creare timbri e sonorità molto diversi tra loro, per questo egli fondò quello che viene chiamato il teatro della phoné (dal gerco voce, suono) in cui si cerca di limitare la presenza dell'attore sulla scena e, al contrario, di affinare le tecniche vocali, affidarsi alle nuove tecnologie e ai più sofisticati meccanismi di registrazione, amplificazione e riproduzione della voce.
LA MUSICA
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